Monte Bianco (4.810 mt) lungo la "Trois Mont Blanc"



- Prima spedizione, luglio 2007 -

Il Monte Bianco, gigante delle Alpi, era ormai da un anno sotto i nostri riflettori, e con "nostri" intendo miei, di Nico, di Marco: trio collaudato. Devo dire che l'allenamento è stato lungo e costante, e ci ha per forza di cose regalato emozioni sui più bei ghiacciai delle Alpi centro-orientali. Era solo il preludio alla grande avventura che ci stavamo costruendo in assoluta e totale autonomia.

Il 15 luglio 2007 arriviamo a La Palud dove pernottiamo. L'indomani, con calma e non pochi imprevisti fisici e logistici, raggiungiamo Punta Helbronner (3470 mt) per mezzo della funivia che collega Courmayeur a Chamonix lungo diverse tratte tanto aeree quanto spettacolari.

La giornata è magnifica, di quelle tanto terse che vorresti farle rientrare nel prezzo di un ipotetico biglietto pur di assicurartele in occasioni come questa!

 

È tempo di legarsi e di posare finalmente i piedi sul ghiacciaio: a tratti fa caldo, ma una brezza gelida sconsiglia un vestiario leggero.

Dal terrazzo naturale del Saussure riusciamo ad ammirare il nostro colosso: è ancora lontano ma già ci regala grandi emozioni.

Una controllata a vicenda sulla nostra cordata e poi via, si parte! Destinazione il rifugio dei Cosmiques attraverso l'incantevole traversata sul Ghiacciaio del Gigante.

Scenario impagabile. La traversata si svolge in un sicuro labirinto di crepacci facilmente superabili, mentre il nostro sguardo si perde lungo maestose ed epiche pareti di granito.

La nostra progressione continua per poco più di due ore; giungiamo al Col du Midi (3532 mt) e in brevissimo siamo al rifugio dalla cui terrazza godiamo lo spettacolo della via che andremo ad affrontare.

La sveglia è prevista per le ore 1:00; quella notte non riuscirò a dormire, per una serie di ovvii motivi, uno dei quali colpisce anche Marco in modo irreparabile. Forse il nervosismo, sicuramente il rapido balzo in quota, lo mettono fuori uso.

Alle ore 2:00 sono quindi di scena assieme a Nico: il cielo buio si lascia intravedere velato, la temperatura è rigida, alcune cordate già salgono il primo grande gradino rappresentato dal Tacul.

Procediamo con sicurezza nelle tenebre illuminate dalle fioche lampade frontali. Tempo mezz'ora ed incontriamo in agitazione dei soccorritori impegnati in un'azione di recupero da crepaccio: è reale, ma lo capirò solamente al ritorno dalla montagna.

Superiamo la spalla del Tacul (4100 mt circa) dopo che esso si è dimostrato molto più ripido ed insidioso del previsto: i numerosi crepacci, seracchi su cui salire, e una pendenza non indifferente, vengono ora sostituiti dal vento e dal tratto più impegnativo della via. Ci troviamo alle luci dell'alba sul pendio del Mont Maudit che raggiunge i 50° di pendenza: mentre il primo tratto risulta agevole, più saliamo e più affiora il ghiaccio vivo. Non è il caso di concedersi distrazioni, assicuro la cordata con una vite da ghiaccio fino a che raggiungo delle roccette attrezzate. Nico mi segue nell'esaltazione della difficoltà, ogni tanto ci urliamo di prestare attenzione ma il vento incalza sempre più forte e disperde le voci.

L'alba ci accoglie al Col du Mont Maudit (Colle del Monte Maledetto, 4345 mt) dove il vento ci schiaffeggia senza pietà una brutta visione: la vetta del Bianco è coperta di nuvole! Diverse raffiche sembrano respingerci dalla montagna: la loro violenza improvvisa ci toglie l'equilibrio e ci costringono ad atterramenti assicurandoci ognuno alla propria piccozza.

In silenzio per un po' osserviamo altri alpinisti quasi scappare giù dal ripido colle appena conquistato. Mi guardo con Nico, forse entrambi conosciamo già la decisione da prendere, ma ugualmente ci confrontiamo sul da farsi.

Decidiamo a malincuore per la ritirata, troppo rischioso affrontare il percorso in queste condizioni.

Prima di scappare in corda doppia lungo il pendio del Maudit realizzo un video del fantastico luogo: c'è l'amaro in bocca per tanta aspettativa che sta per essere stroncata ad un passo dalla meta, ma non possiamo fare altro che obbedire alla montagna.

La discesa per riabbracciare Marco sarà tanto calda quanto rischiosa proprio per la temperatura: un fronte di seracchi si sbriciolerà davanti ai nostri occhi tagliandoci la via con impressionante potenza. Brividi.

Il perturbato tardo pomeriggio sarà la nostra unica consolazione per l'avvenuta ritirata.



- Seconda spedizione, settembre 2007 -

L'amaro in bocca della ritirata dal Bianco brucia molto. Cerchiamo così di organizzare un nuovo tentativo il prima possibile, ma svariati impegni e un meteo inclemente ci portano fino alla magnifica prima settimana di settembre.

Il giorno 8, con pochi preparativi e azione fulminea, siamo a Chamonix: questa volta però solo io e Nico.

La funivia ci porta all'Aiguille du Midi, e dopo un lungo quanto drammatico episodio in cui perdo gli indispensabili guanti, siamo come due mesi prima al Col du Midi (3532 mt).

Pur attrezzati per bivaccare sul ghiacciaio, troviamo incredibilmente posti liberi al Rifugio dei Cosmiques: difficile non approfittarne.

Da qui godiamo degli ultimi raggi di Sole e di quattro chiacchiere a tavola in compagnia di altri trevigiani.

Non dormirò neanche questa notte, anche per il fatto che mi porterò a letto soltanto alle 22:00.

Ore 02:00 del 9 settembre: la storia si ripete!

Procedo ancora davanti, ormai la cordata è così definita. Il fondo è in condizioni eccezionali, così come il clima per questo genere di salita. Avanziamo regolari, le cordate che ci precedono sul Tacul sembrano intralciarci il cammino tanto che dove possibile tagliamo la tracce verticalmente.

I crepacci sembrano essersi ridotti rispetto alla passata esperienza. Ogni tanto, su qualche passaggio un po' più atletico le cordate si accalcano l'una a ridosso dell'altra.

Parlo spesso con Nico, ci scambiamo battute e opinioni guardando a volte il ridicolo progredire di alcuni "alpinisti della domenica" ( li definiamo così!). Gente disperata che invece di compiere un piccolo balzo preferisce scivolare col corpo lungo pendenze ghiacciate, per poi arrestarsi fortunosamente dopo quei metri che bastano ad aggirare un ostacolo.

Arriviamo all'epico Colle della Brenva (4309 mt) quando il Sole inizia a contrastare in lontananza giganti come il Monte Rosa e altre vette inconfondibili quali il Cervino.

Sembra finita, rimane ora l'ultima e semplice piramide finale passando accanto ai Rochers Rouges lungo una regolare pendenza bianca e abbagliante.

Ma la stanchezza e la quota a questo punto iniziano a farsi sentire. Le cordate, così come la nostra, procedono tutte lentamente e con continue soste. Il meteo fortunatamente è stabile, il cielo azzurro. Ogni tanto qualche folata di vento gelido ci sveglia dalla monotonia dei passi.

Ancora pochi minuti, guardando poco in su già si vede la neve finire lasciando spazio al cielo.

La gioia di coronare una preparazione di mesi copre abbondantemente la fatica che dovrei sentire dopo 7 ore di salita: siamo in vetta, sono le 9:02 del 9 settembre. La quota ufficializzata dirà 4810,9 metri.

Anche in questa occasione realizzo un semplice video mentre giungiamo in vetta.

Ci soffermeremo a godere dello spettacolo solo per pochi minuti: le folate di vento gelido e la consapevolezza del lunghissimo percorso per tornare alla nostra auto ci spingono a non tardare.

Incredibilmente magnifico!

 

- - - - - - Manuele Costantinis - - -- - - - www.astromanu.it - - -- - - - manuele@astromanu.it - - - - - -